Procedia Environmental Science, Engineering and Management 1 (2019) (2) 149-153 18th International Trade Fair of Material & Energy Recovery and Sustainable Development,
ECOMONDO, 5th-8th November, 2019, Rimini, Italy
CHEMIURGY: COST-BENEFIT ANALISYS
OF THE USE OF AGRICULTURAL WASTE AS AN ADDITIVE FOR PLASTIC MATERIALS
Giuseppe V. Nocera1, Agata Matarazzo1,2, Giovanni Milazzo3
1Department of Economics and Business, University of Catania, C.so Italia 55, 95129 Catania (CT), Sicily, Italy
2Professor and researcher (amatara@unict.it)
3Mica s.r.l., Via Cesare Terranova 4, 97100 Ragusa (RG), Sicily, Italy
Abstract
La plastica è uno dei materiali più utilizzati al mondo; grazie alle sue caratteristiche ha rivoluzionato l’industria, trovando infinite applicazioni in qualsiasi attività umana. Questa si è riconfermata indispensabile anche nell’ultima rivoluzione dell’industria 4.0, essendo il materiale più idoneo per i processi di prototipazione rapida come la stampa 3D.
Kanesis introduce un approccio completamente nuovo nel settore dei termoplastici sfruttando gli scarti delle filiere agricole come input per la realizzazione di plastiche biodegradabili. È riuscita così a innovare il processo produttivo delle plastiche, integrando specifiche proprietà di alcuni materiali vegetali per conferire caratteristiche innovative ed eliminando, al contempo, l’uso di additivi e coloranti derivati dal petrolio. Questi materiali, prodotti in pellet e in filamento per stampa 3D, vengono realizzati sfruttando gli scarti della lavorazione delle filiere agricole siciliane: dalla canapa industriale alle arance, dai pomodori alla farina di carrubo. Ogni prezioso scarto conferisce sia proprietà meccaniche diverse che una forte identità visiva e tattile. Per esempio, il filamento realizzato con scarti di canapa offre maggiore leggerezza, una resistenza maggiorata del 30% e conferisce un particolare effetto legno. Kanèsis nasce nel 2015 da un’idea di Giovanni Milazzo, l’attuale amministratore, che la definisce “un contenitore di progetti ecosostenibili che mette insieme agricoltura e industria”. Abbiamo scelto quest’azienda proprio perché rappresenta un avvincente connubio tra ecosostenibilità e tecnologie innovative operando a cavallo tra alcuni dei settori più interessanti degli ultimi anni. L’obiettivo del paper è riuscire a valutare l’efficacia del nuovo paradigma produttivo. Abbiamo svoltoun’analisi costi benefici con l’obiettivo principale di valutare l’impatto economico e ambientale del business nel suo complesso.
Selection and peer-review under responsibility of the ECOMONDO Corresponding author: e-mail: giuseppe.nocera.mail@gmail.com
Keywords: Chemiurgia, Bioplastiche, Canapa, Stampa 3D.
1. Introduction
La plastica è uno dei materiali più utilizzati al mondo. Grazie alle sue caratteristiche di elevata lavorabilità a basse temperature ha rivoluzionato l’industria, trovando infinite applicazioni in qualsiasi attività umana. Da diversi anni pervade ogni aspetto della vita della maggior parte della popolazione mondiale, ed è impensabile un mondo senza di essa (PlasticsEurope, 2018). I materiali plastici hanno la proprietà di deformarsi plasticamente (prendere forme definitive) sotto l’azione di una forza e o in presenza di calore (circa 200 gradi), infatti si sono confermati indispensabili nell’ultima rivoluzione industriale (c.d. 4.0) essendo i materiali più idonei per i processi di prototipazione rapida come la stampa 3D. La plastica ha permesso lo sviluppo di questa tecnologia, incentivandone poi la diffusione. I materiali plastici sono materiali macromolecolari creati sinteticamente tramite l’unione di monomeri composti da carbonio e idrogeno per la formazione di polimeri di differente lunghezza, che insieme costituiscono a loro volta una macromolecola fibrosa (Cangialosi (1), 2012). A questi polimeri vengono aggiunti differenti composti chimici detti “modificanti” che conferiscono loro determinate caratteristiche chimico-fisiche come la resistenza meccanica, la resistenza alle temperature elevate, resistenza alla trazione, elasticità, ecc (Cangialosi (2), 2012). In alcuni casi possono avere anche uno scopo “riempitivo”, servono cioè a ridurre i costi di produzione diluendo il polimero stesso. Questi agenti modificanti giocano un ruolo fondamentale nell’impatto ambientale della plastica, infatti, se da un lato riescono a rendere la plastica un materiale tanto versatile e ricco di proprietà uniche, dall’altro il loro potenziale di contaminazione del suolo, dell’aria, acqua e cibo è elevatissimo (Hahladakis et al. (1), 2018).
Il modello oggetto di studio si ispira agli studi di Henry Ford sulla chemiurgia, ovvero quella branca della chimica che studia l’integrazione delle biomasse come input per l’industria secondaria nella produzione di combustibili, composti chimici o materiali (Clark, 2000). Questo modello di simbiosi industriale prevede l’integrazione di specifiche proprietà di alcuni materiali vegetali per eliminare l’uso di agenti modificanti di natura petrolchimica. Permettendo così la realizzazione di materiali plastici con particolari proprietà derivanti dall’utilizzo di scarti della lavorazione delle filiere agricole (c.d. biomasse). Ogni prezioso scarto conferisce proprietà chimico/fisiche esattamente come farebbero additivi e coloranti; conferendo quindi caratteristiche come la resistenza alla trazione e l’elasticità nonché una forte identità visiva e tattile che supera il semplice aspetto. Sostituendo gli additivi è possibile rendere completamente ‘eco’ plastiche biodegradabili e avvicinare ulteriormente, sia dal punto di vista chimico che da quello concettuale, un materiale come la plastica alla green economy.
2. Materials and methods
Per valutare i benefici economici e ambientali di questo modello è stata effettuata un’analisi costi benefici (Boardman et al., 2017). Solitamente questo metodo viene utilizzato per studiare la fattibilità economica di un progetto e per confrontare le differenti opportunità di investimento o di impiego di determinate risorse. In questo caso non vi sono dubbi sulla fattibilità economica né tantomeno sull’efficienza dell’impiego delle risorse in questione. Cercheremo invece di comprendere appieno tutti i benefici sia economici che ambientali che scaturiscono direttamente o indirettamente dal modello per le differenti categorie di soggetti coinvolti. Speriamo così di riuscire a palesare non soltanto i benefici economici o ambientali diretti ma anche la maggior parte delle esternalità positive che aumentano il valore complessivo di questo modello di simbiosi industriale. Per simbiosi industriale si intende
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l’interazione tra industrie dissimili, che operano quindi in settori differenti, con lo scopo di aumentare l’efficienza economica e ambientale per entrambe (Chertow, 2000). Questa interazione è basata su uno scambio reciproco di risorse, intendendo per risorse non soltanto rifiuti e materie seconde ma qualsiasi risorsa economica: dalla materia all’energia, dalle competenze ai servizi. L’idea di base è quella che, essendo un insieme di industrie un sistema complesso, sia possibile aumentarne l’efficienza applicandovi alcuni principi di base delle scienze naturali come quelli di conservazione della termodicamica. Dunque, si parla di simbiosi industriale quando si ha un’interazione tra due o più elementi dissimili, consistente nello scambio di risorse differenti, che determina un efficientamento per il sistema nel suo complesso dal quale risultano avvantaggiati tutti gli elementi che lo compongono (win-win situation).
Nel caso qui descritto si ha un passaggio di materia dal settore primario a quello secondario, che comporta un vantaggio economico e ambientale derivante dal mancato smaltimento dei rifiuti per il primo e dall’impiego evitato di risorse primarie per il secondo.
3. Experimental
MICA iSrl opera nel settore termoplastico e si rivolge a differenti mercati: da un lato le consulenze B2B per il miglioramento del processo produttivo di produzione dei materiali plastici, dall’altro sviluppo e produzione di filamenti per stampa 3D, service e realizzazione di stampanti 3D. Tutto cominciò con un esperimento in padella nel Dicembre del 2014 nato da un dubbio sulla differenza meccanica che apportano le fibre piuttosto che le particelle di un materiale organico a una matrice plastica. A dicembre ha avuto luogo l’esperimento in cucina che consistette nel mescolare dapprima fibra corta di canapa con PLA vergine (il PLA, sigla di acido polilattico, è una plastica completamente biodegradabile) e poi canapulo di canapa sempre con PLA vergine. La miscela di PLA con canapulo si è subito mostrata nettamente differente amalgamandosi più facilmente rispetto alla miscela con fibra corta. Iniziò così un percorso di ricerca che non si è ancora concluso.
Il progetto Kanèsis (Kanèsis) nasce nel 2015, un anno dopo l’esperimento svolto in cucina da Giovanni Milazzo, fondatore e amministratore, che lo definisce “un contenitore di progetti ecosostenibili che mettono insieme agricoltura e industria”. Questo “contenitore”, all’interno di MICA iSrl, raccoglie tutti i progetti che spazino in svariati campi fra le plastiche e l’edilizia che ruotano attorno al fulcro delle materie prime seconde derivate dai processi agricoli, con l’obiettivo di inserirle intelligentemente all’interno dei processi industriali esistenti.
L’azienda ha attualmente sede a Catania e Ragusa (in Sicilia) e a Milano. Per quanto riguarda il comparto termoplastico il processo produttivo consiste nella standardizzazione in granulometria delle biomasse di scarto successivamente utilizzate come sostituto degli additivi sintetici dei materiali plastici (coloranti, fluidificanti, stabilizzanti). Attualmente il focus è incentrato nella consulenza a imprese del settore produttivo delle plastiche, ma l’azienda è attiva anche nel mercato B2C tramite lo sviluppo di un portafoglio materiali, realizzati in pellet e in bobine per stampa 3D, prodotti seguendo l’applicazione del modello oggetto del paper. I fornitori delle biomasse sono quasi sempre aziende agricole. I clienti spaziano da grandi aziende, che chiedono nuovi materiali 100% biobased (completamente biodegradabili); ad aziende che richiedono un materiale 20% biobased; a piccole aziende che richiedono piccole e medie produzioni di determinati oggetti personalizzati (in stampa 3D); fino a clienti “Prosumer”, a metà fra il business e il consumer, che acquistano le bobine per sviluppare i propri progetti.
Ad oggi, gli investimenti maggiori sono stati dedicati alle pratiche di presentazione e domanda di brevetto fino alla concessione del brevetto vera e propria; che è, per ora, avvenuta ufficialmente in Italia, Europa e Stati Uniti. L’impresa non produce uno specifico materiale, ma è stata capace di innovare l’attuale processo di produzione delle plastiche proponendo un paradigma completamente nuovo. Per questo il ventaglio di materiali potenzialmente realizzabile è vastissimo e si basa su due principali determinanti ingredienti:
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la matrice plastica (biobased o petrolchimica), e lo scarto agricolo (alimentare, agricolo o non alimentare).
4. Results and discussion
Il modello descritto ha già dimostrato il suo carattere virtuoso nell’applicazione pratica fin ora effettuata da kanésis. I costi per l’applicazione di questo modello; ovvero i costi di trasporto, i costi di lavorazione delle biomasse e quelli del processo di arricchimento delle plastiche; vengono ampiamente coperti dal valore economico generato per le imprese termoplastiche anche senza considerare i relativi benefici ambientali, e i benefici economici e ambientali per le filiere agricole. Mediamente una plastica arricchita con biomasse può avere un costo pari o inferiore fino al 60% rispetto alla matrice plastica di partenza. Questa differenza varia, ovviamente, in relazione al costo iniziale della plastica, al costo degli additivi che vengono sostituiti e al costo della biomassa. Uno dei materiali fin ora più utilizzati come base per la produzione dei nuovi materiali arricchiti è il PLA ingeo natureworks che ha un prezzo di circa 3,50 EUR al chilogrammo. Produrre un kg di un nuovo materiale utilizzando questo PLA come base e arricchendolo con un 20% di biomassa ha un costo totale di circa 3,20 EUR, con un risparmio dell’8,6%. Produrre invece un altro materiale arricchendo questo PLA con il 50% di biomassa avrebbe un costo di 2,75 EUR al kg, con un risparmio superiore al 20%. Il risparmio potrebbe essere nettamente superiore nel caso in cui si consideri anche la quota risparmiata dalla sostituzione degli additivi, che solitamente rappresentano il costo maggiore.
4. 1. Benefici per il settore primario
Uno dei principali vantaggi di questo modello, che lo distingue da altre applicazioni di simbiosi industriale per il settore primario, è la sua versatilità: qualsiasi tipo di scarto può essere integrato nel processo produttivo diventando, se efficacemente lavorato, un prezioso additivo, riempitivo o colorante. Per coinvolgere nuove filiere, e ampliare di conseguenza il portafoglio di prodotti, l’azienda aspetta di avere ulteriori risorse economiche e umane. La mission, cito Milazzo, è quella di “utilizzare tutte le biomasse di scarto prodotte all’interno dei confini della nostra terra, che è in assoluto la più rinomata sul pianeta in termini di know- how in ambito di produzioni agricole”. Delle filiere agricole fin ora coinvolte ne verranno descritte quattro a titolo esemplificativo: canapa, pomodoro, carrubo e agrumicola. Per quanto riguarda la filiera della canapa industriale le imprese sono South Hemp Tecno Srl e Molino Crisafulli Soc. Coop. R.L. La prima è situata a Taranto e opera nella filiera della canapa industriale, in particolare nella trasformazione e strigliatura della bacchetta di canapa in fibra per l’industria cartiera e tessile e in canapulo per l’industria edilizia e zootecnica. La seconda, che si trova a Caltagirone (Sicilia), tratta invece le infiorescenze della canapa e fornisce a Kanésis tutto ciò che viene scartato durante la lavorazione di queste ultime. Dalla filiera del pomodoro siculo viene coinvolta Boniser Srl che ha sede a Catania. L’azienda estrae dalle bucce di pomodoro le sostanze contenute, lo scarto rimanente non contiene quasi più alcuna sostanza di valore alimentare ma ha un caratteristico colore rosso. Un altro input, derivante dalla filiera del carrubo, viene scartato dal processo produttivo della farina di carrubo utilizzata da IMAR Srl, un’impresa ragusana (Sicilia), durante la produzione di mangimi animali. L’ultimo ente coinvolto, tra quelli citati, è il comune di Ragusa che effettua ogni anno potature agli aranci destinato al mobilio cittadino indirizzando a kanésis gli scarti derivanti da questa potatura: un misto di segatura di legno di arancio, buccia di arancia e foglie.
Gli esempi descritti evidenziano la versatilità del modello, ed è interessante notare come ognuna di queste filiere offre differenti tipi di biomasse che possono produrre effetti completamente diversi sul materiale finale.
4. 2. Benefici per il settore secondario
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Il settore secondario, in questo caso l’industria termoplastica, è quello che si avvantaggia maggiormente da questo modello di simbiosi, arricchendosi con i rifiuti agricoli, ora preziosissimi input. Nel migliore dei casi una normale base plastica può ottenere nuove caratteristiche chimico-fisiche, una riduzione del peso, una fortissima identità, con costi di produzione minori ed entrando inoltre negli standard Europei (20% biobased).
Le imprese produttrici di plastiche hanno un bisogno continuo di additivi per la lavorazione, colorazione, emulsione e stabilizzazione delle materie plastiche e questi additivi sono brevettati e prodotti da aziende straniere a partire da sostanze chimiche, alcune delle quali molto tossiche. Sostituire questi additivi con degli scarti agricoli consente un enorme vantaggio alle imprese termoplastiche che possono interrompere la loro dipendenza dai grandi produttori sostituendoli con una soluzione più innovativa e rispettosa dell’ambiente. Come se ciò non bastasse le biomasse di scarto costano di meno rispetto gli additivi, sono 100% Biobased e possono quindi modificare una matrice plastica senza comprometterne la biodegradabilità (Curran, 2010); Gandini and Lacerda 2016) o possono far diventare un materiale 100% petrolchimico al 20-30-40% Biobased, paradossalmente abbassando il prezzo finale del materiale. Oltre a questi benefici direttamente riscontrabili è possibile osservarne altri che accompagnano il materiale per tutta la filiera fino ai prodotti e, come vedremo più avanti, allo smaltimento di questi ultimi. Le imprese che utilizzano questi materiali possono godere di maggiore affidabilità per la produzione di prodotti nel settore alimentare, farmaceutico, cosmetico e in generale in tutti i casi in cui il materiale verrà quotidianamente a contatto con l’uomo, come i giocattoli per bambini. Oltre a questi vi sono ulteriori vantaggi che purtroppo non è possibile quantificare se non indirettamente tramite, per esempio, gli effetti del marketing. Tra questi vantaggi indiretti vi è l’avvicinamento dei materiali plastici al concetto di green economy, sia per la vicinanza chimica che a livello concettuale, per la nuova identità visiva e tattile del materiale che, come già detto, trascende il semplice aspetto. Un oggetto realizzato con materiali di questo tipo è visibilmente differente (fig. 1,2,3).
I materiali prodotti dall’azienda vengono realizzati partendo dal PLA (Acido Polilattico), una plastica biobased al 100% a cui viene aggiunto un 20% circa di scarti agricoli. Questi nuovi materiali, interamente biodegradabili, sono prodotti in pellet e in filamenti per stampa 3D. Mediamente si estrudono a temperature di circa 30-40 gradi più basse delle matrici plastiche utilizzate, lo scarto agricolo abbassa notevolmente la temperatura di fusione, probabilmente in quanto microscopicamente le particelle ricavate dalla lavorazione degli scarti si vanno a insediare fra i legami delle catene polimeriche. Questo permette anche un risparmio energetico non indifferente sulle grandi quantità. Infine, un’ulteriore caratteristica deifilamenti così prodotti è che possono essere estrusi a diverse temperature con una conseguente variazione di colore (più scuro a temperature più alte).
Fig. 1. Pezzo stampato in 3D con PLA (acido polilattico).
Fig. 2. Pezzo stampato in 3D con HBP (PLA arricchito con 20% di canapulo).
Fig. 3. Pezzo stampato in 3D con ABS (acrilonitrile- butadiene-stirene).
Dalle tre figure si evince come il materiale arricchito con particelle è notevolmente migliore per la stampa 3D in quanto le particelle permettono una fusione più intima fra i layer.
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4.2.1. I materiali ideati da Kanésis
Di seguito cinque differenti materiali prodotti da kanésis che si differenziano per caratteristiche fisiche, meccaniche e aspetto; ricavati dalle quattro filiere sopra descritte.
HEMP filament (fig. 2,4,5): Filamento di origine naturale e compostabile contenente esclusivamente canapulo di canapa (dal 15% al 25%) che conferisce un particolare effetto legno. Questo è un materiale particolare poiché quanto si aggiungi una polvere ad una plastica questa diventa più fragile; ma in questo caso, probabilmente grazie a una elevata presenza di silicio, il materiale finale acquista una maggiore resistenza a trazione. Questo particolare risultato non può essere ottenuto con nessun’altra biomassa, neanche con la fibra di canapa, o con la segatura di legno, anzi quest’ultima è molto simile esteticamente, ma ha una bassissima resistenza alla trazione che causa una grande fragilità del materiale.
Fig. 4. Comparazione tra polietilene vergine (in blu); HBP: Polietilene caricato con 20% di canapulo (in arancione); e polietilene caricato con fibra corta di canapa (in grigio). Evidenzia come la fibra corta non apporta miglioramenti al materiale vergie, a differenza del canapulo che lo migliora sensibilmente.
Fig. 5. Comparazione delle proprietà di 5 materiali plasticidifferenti.
WEED filament: Filamento di origine naturale e compostabile, contenente esclusivamente polvere di scarto delle infiorescenze della canapa. Questo scarto contiene ancora dei cannabinoidi (dei lipidi) che all’interno dei materiali plastici si comportano come un emulsionante conferendo moltissima elasticità al materiale. Non è semplice trovare un additivo naturale che conferisca elasticità ma Kanésis ne abbiamo trovati diversi. Questo materiale è molto interessante anche perché presenta un caratteristico colore verde naurale che lo rende molto richiesto per alcune produzioni. Il PLA di partenza ha una percentuale di allungamento a rottura (massimo allungamento percentuale prima della rottura) di circa il 3%, aggiungendo un 20% di polvere di fiori di canapa questa percentuale arriva a sfiorare il 9%, quando di solito un’aggiunta di una polvere la dovrebbe fare diminuire.
TOMATO filament: Filamento di origine naturale e compostabile contenente scarti della produzione agricola del pomodorino siciliano (dal 15% al 25%) che conferisce un vivido colore rosso. Attualmente è il materiale più richiesto in USA e in Europa, probabilmente perché il pomodoro italiano viene accostato al made in itali, e in questi periodi di necessità di decrescita felice, stampare in 3D con il filamento al pomodoro è proprio quello che ci vuole per continuare ad andare avanti con questo cambiamento lento ma inesorabile.
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Carob Filament: Filamento di origine naturale e compostabile, contenente esclusivamente farina di carrube di scarto. La farina di carrube è un prodotto che contiene oltre il 30% di zuccheri i quali, a causa delle alte temperature della trafila, diventano caramello conferendo al materiale finale una elasticità sbalorditiva. Anche in questo caso comparando il materiale con il PLA ci si rende conto della grande differenza: Il PLA ha una percentuale di allungamento a rottura di circa il 3%, aggiungendo un 20% di farina di carrube questo valore arriva a toccare il 31%. Questo risultato grandioso è accompagnato da un caratteristico colore rossastro/marroncino scuro.
Pruned Filament: Filamento di origine naturale, compostabile, contenente esclusivamente scarto della potatura degli aranci, questo scarto è composto principalmente da segatura di legno di arancio, con una buona percentuale di scarti di buccia di frutto. Il materiale così ottenuto, oltre a un caratteristico colore marroncino con una leggera sfumatura sull’arancio, ha dimostrato di essere il materiale con il più alto modulo di Young (resistenza alla deformazione plastica) fra quelli finora prodotti.
4.2.2. L’aderenza alle recenti direttive comunitarie dell’UE
Un ultimo aspetto di grande rilevanza per i produttori di plastica, e che conferma ulteriormente l’efficacia del beneficio ambientale di questo paradigma produttivo, è la sua aderenza ad alcuni dei principi esposti nella ‘Strategia europea per la plastica nell’economia circolare’ (European Commission, 2018). L’arricchimento tramite biomasse permette la completa sostituzione degli additivi tossici, svolgendo contemporaneamente una funzione riempitiva. Infatti, mentre gli additivi vengono solitamente aggiunti in piccole parti percentuali; le biomasse sono aggiunte in percentuali molto più consistenti, dal 15 fino al 60%, apportando un significativo risparmio del materiale plastico. In questo modo i criteri di riduzione di sostanze pericolose in materiali e prodotti e di sostituzione di materie prime con quelle derivanti da cicli produttivi vengono abbracciati contemporaneamente. Il modello, oltre a questi specifici principi, risulta coerente, soprattutto se osservato nel complesso degli altri progetti interdipendenti che si sviluppano in Mica iSrl, anche a molti altri dei principi esposti dall’Unione Europea. Tra questi troviamo il riutilizzo prima di riciclo, la promozione di sistemi che prevedono la riparazione, la consulenza per la progettazione, la fabbricazione e utilizzo di prodotti efficienti sotto il profilo delle risorse: durevoli, riparabili, riutilizzabili e aggiornabili e la sensibilizzazione.
4.2.3. Una possibile soluzione per il problema delle microplastiche
L’impatto ambientale causato dalla plastica ha portata immensa e si differisce su più livelli (Lavers and Bond, 2017). Uno tra gli effetti peggiori è causato dalle c.d. microplastiche. Queste sono particelle di plastica comprese tra i 5 mm e i 330 micrometri che, a causa delle dimensioni, riescono a raggiungere qualsiasi ambiente terrestre. Come proposto da recenti studi, pare possano percorrere centinaia di chilometri trasportati dal vento, dalle nuvole e dalle piogge (Wetherbee, 2019 e Allen and Allen, 2019). Come sappiamo le microplastiche hanno raggiunto perfino gli organismi viventi () e un uomo ne potrebbe assumere, nel peggiore dei casi, fino a 5 grammi, l’equivalente di una carta di credito, alla settimana (UN News, 2017). La maggior parte dell’impatto causato dalle microplastiche è imputabile direttamente agli additivi contenuti al loro interno; infatti le piccole particelle di plastica fungono da semplice vettore mentre sono gli additivi a rilasciare la loro tossicità negli ambienti in cui le microplastiche si depositano e si accumulano (Teuten et al., 2009 e Hahladakis et al., 2018). Le microplastiche c.d. secondarie si differenziano dalle primarie in quanto non vengono prodotte direttamente con queste dimensioni, come le particelle plastiche usate nei prodotti cosmetici o quelle che compongono le fibre dei vestiti, ma si separano da oggetti di plastica a causa di un deterioramento meccanico, termico o chimico. Il nuovo paradigma esposto fin ora potrebbe essere un’ottima soluzione preventiva per quanto riguarda le microplastiche di natura secondaria; sostituendo gli additivi, che come
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visto rappresentano il grosso del problema a causa della loro intrinseca tossicità, con materiale completamente atossico e biodegradabile.
6. Conclusions
Il paradigma descritto è un’ottima opportunità di simbiosi tra industria primaria e secondaria.
Induce un naturale avvicinamento della plastica ai composti organici non solo da un punto di vista fisico e chimico ma anche, soprattutto per il consumatore finale, da un punto di vista concettuale.
Questo sistema, poliedrico per quanto riguarda l’applicazione e archetipico per i risultati, riesce a risolvere il problema della tossicità degli additivi con una soluzione innovativa che trascende il problema stesso.
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